giovedì 8 dicembre 2011

Artemisia Gentileschi-Storia di una passione

Secondo i dati del ministero dell'Interno, la maggior parte degli stupri e tentati stupri in territorio italiano avviene da parte di persone che conoscono la vittima ed in sei casi su dieci gli autori delle aggressioni sono italiani. Un'indagine Istat risalente al 2004 afferma, inoltre, che il più delle volte si tratta di aggressioni ad opera di conoscenti. Le donne che ne sono vittima, soprattutto se in contesto domestico, non denunciano la violenza, così che lo stereotipo dell'immigrato estraneo, che violenta la donna italiana, imperversa. Svariati possono i motivi per cui le donne non denunciano l'aggressione, ma è sconfortante pensare che in un Paese come l'Italia le donne non abbiano ancora sufficiente coraggio o fiducia nell'apparato burocratico e che la donna possa essere culturalmente considerata come un “oggetto” al giorno d'oggi.
Lo stupro è un atto terribile, capace di segnare con macchie indelebili l'intera esistenza e dignità di una donna. Appare dunque impossibile anche solo cercare di immaginare come l'atto sessuale, dedicato alla procreazione, massima elevazione del sentimento amoroso o, più semplicemente, ricerca di piacere da entrambi le parti, possa essere portato agli antipodi e divenire violenza.

Questione agli esordi della carriera di pittrice di Artemisia Gentileschi è lo stupro subito a soli 17 anni, nel 1610, da parte di Agostino Tassi, collega del padre Orazio, anch'egli pittore; Artemisia riuscì a trovare il coraggio di reagire, e così di intentare processo. La “pittora” sopportò dunque il lungo iter processuale, che la vide vittima di torture atte, secondo l'uso dell'epoca, a verificare la sua sincerità. Anche se ella ne uscì vincitrice, Tassi rimase impunito grazie al favore della Chiesa. Entrando nella prima sala della mostra dell'artista ospitata a Palazzo Reale a Milano il visitatore è travolto da un'atmosfera buia e da un'onda violenta di parole convertite in suoni: una voce di donna pronuncia le testimonianze di Artemisia al processo. Quanto pronunciato, inoltre, costituisce un soffitto di fogli scritti, sui quali scorrono delle proiezioni, che sovrastano un letto dalle lenzuola di un bianco immacolato.


Dalle ceneri dello stupro, evento che caratterizza l'intera produzione artistica dell'artista, risorge un'Artemisia la cui carriera vede come vertice e motivo da lei più volte ripreso quello dell'eroina biblica Giuditta, che, aiutata dalla fedele ancella, decapita Oloferne. In questo dipinto risalta la complicità tra le due donne nel liberarsi dall'oppressore, e la violenza subita si tramuta quindi in pennellate precise e decise pregne di carica espressiva, e pronte nel cogliere i soggetti scelti nel mezzo dell'azione, in una specie di fermo immagine.

Le opere esposte, una rassegna di oltre 50 tele, permettono di rilevare influenze carvaggesche nell'utilizzo della luce, profonda drammaticità propria del gusto teatrale mediceo, maturato poi a Roma, grande capacità di creare contrasti cromatici (vedi in “Cleopatra”). I colori impiegati risultano, inoltre, decisi e preziosi (lapislazzuli per creare il blu, oro zecchino per l'oro...), ed i temi trattati di ampio respiro, tanto da spaziare dalla Bibbia e dalla mitologia alla letteratura italiana, e non solo. Infine, sono da lei prescelte le rappresentazioni di eroine o donne connaturate da un senso di intraprendenza.

Per comprendere al meglio la sua maestria può essere importante sapere che elaborati studi su cartoni e scambi abbiano preceduto le opere, e che proprio l'elaborazione della stessa opera in diversi esemplari e momenti della sua carriera abbia favorito la crescita e l'autocorrezione dell'artista.




Il ritratto, inoltre, era da lei un genere pittorico molto praticato, tuttavia davvero pochi sono gli autoritratti; vi è, infatti, un'ampia sala dedicata all'esposizione di splendidi esemplari di ritratti.
Significativi sono i viaggi tra Roma, Firenze, Venezia, Napoli e Londra, i quali le permettono di arricchire e far evolvere la propria tecnica pittorica; influente nella sua formazione è anche il fatto di essere nipote di pittori ed orafi, e figlia d'arte, poiché ciò le permise di essere formata fin da giovanissima alla disciplina di pittrice.

La sede ospitante si presenta particolarmente adatta alla mostra, in quanto permette alle opere di integrarsi perfettamente allo stile architettonico di Palazzo Reale, tuttavia proprio questa splendida sede, a causa del restauro non ancora ultimato e del limite di capienza stabilito, può rendere lunga ed irritante la fila d'attesa all'entrata.  Il palazzo, situato alla destra della facciata del Duomo, in posizione opposta rispetto alla Galleria Vittorio Emanuele II, per molti secoli sede del governo della città di Milano, è oggi un importante centro culturale e location di mostre ed esposizioni.
L'organizzazione dell'esposizione appare, inoltre, ben articolata e strutturata: vincenti la scelta di collocare l'installazione di alto impatto emotivo nella prima sala e l'iniziale ordine delle opere cronologico e poi divisione per argomento o genere.
Esiste la possibilità di acquistare i biglietti presso ticketone (http://www.ticketone.it/IT/artemisia-gentileschi-biglietti.html?affiliate=ITT&doc=artistPages/tickets&fun=artist&action=tickets&kuid=464724) e tramite call center (dalle ore 10.00 alle 17.00 al numero 02 54911).

Indiscussa è la singolarità della figura di Artemisia Gentileschi come donna ed artista indipendente nel Seicento, come afferma il noto storico d'arte Roberto Longhi: “L'unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, ed impasto, e simili essenzialità.” Al suo tempo fu, infatti, una donna molto ammirata e corteggiata nell'ambiente pittorico, tanto da costituire una sorta di scuola con giovani artisti al proprio seguito ed essere convocata da numerosi signori e regnanti.



Palazzo Reale
Artemisia Gentileschi-Storia di una passione, a cura di Roberto Contini e Francesco Solinas con scenografie di Emma Dante
Milano, dal 22 Settembre 2011 al 29 Gennaio 2012
Orari: lun 14.30-19.30; mar, mer, ven e dom 9.30-19.30; gio-sab 9.30-22.30, esclusi 24, 25, 26 Dicembre, 31, 1 Gennaio

domenica 6 novembre 2011

Elogio del Dubbio - Eloge du doubt - In Praise of Doubt

Sembra che il dubbio, da sempre più presente, sia oramai divenuto una costante, tanto da rappresentare oramai una certezza nella società d'oggi. Non credete sia preoccupante arrivare ad affermare ciò?
Sempre più l'individuo è obbligato a fare fronte a problemi e difficoltà da lui non previsti, certezze che gli crollano addosso: nulla a cui è stato preparato. L'individuo appare quindi sempre più debole ed incerto a muovere i propri passi ed ad imporsi.
Tanto più l'uomo nel corso della propria continua evoluzione possa apparire progressivamente più alto ed equipaggiato ad affrontare il mondo tanto più invece è psicologicamente e, secondo alcuni studi, fisicamente più debole; si potrebbe parlare dunque di una sorta di retrocessione a cui siamo, senza possibilità di sottrarci, tutti inesorabilmente destinati.
Nel Seicento, inoltre, René Descartes affermava: “Il dubbio genera saggezza”; secondo questa accezione il dubbio assume una veste completamente diversa: il dubbio è qui fonte di conoscenza, solo ove risiede può sussistere la chiarezza, come in conseguenza alla selezione di un percorso preferenziale.

Proprio il dubbio è il protagonista dell'esposizione correntemente ospitata a Punta della Dogana. Si tratta di opere capaci di trasmettere la sensazione di cui sono testimoni; possono provocare dapprima quasi indifferenza, ma, se spinti dalla volontà di capirle e rielaborare, è possibile percepire quanto invece ci siano personalmente vicine.
La location offre la possibilità di un ampio spazio espositivo, in cui le opere risultano ben inserite, in quanto la maggior parte di esse sono state ideate appositamente per la sede di Punta della Dogana; tuttavia l'ambiente risulta, a differenza di quanto si potrebbe pensare, a tratti oppressivo e disorientante.
Numerosi sono gli artisti espositori, ma l'opera che appare più interiorizzata nel vissuto dell'artista è Roxys, realizzata da Edward Kienholz, la quale è la raffigurazione in scala reale di una casa di tolleranza di Las Vegas.









Ezra Pound diceva:
«Se un uomo non è disposto a correre dei rischi per le proprie idee, vuol dire che le sue idee non valgono nulla o che lui non vale nulla».
L'invito è dunque a vivere un'esistenza consapevole, nella continua ambizione di riuscire a vivere, non limitandoci alla modesta sopravvivenza.



Punta della Dogana – François Pinault Foundation
Elogio del Dubbio, a cura di Caroline Bourgeois
Venezia, dal 10 Aprile 2011 al 31 Dicembre 2012