sabato 14 luglio 2012

Secret Life

A common ground to be found in a greenhouse opened to public


When you come in, you are sweetly welcomed by the perfect environment: which one would be more suitable for an exhibition about the relationship between human insight and plants than an actually close one by appearence to a greenhouse? As a matter of fact, this comparison may sussist just owing to the presence of an exclusive light, due to glass ceilings and immaculate white walls. The issue is probably that human and plants absolutely need light to survive.


An example of Sadie Coles' art gallery glass ceilings



The choice of artworks permits the viewer to enjoy the argument: Horovitz and Peyton show a rich range, which streches from paintings, prints and drawings to installations and photographs, so that they finally give birth to a striking collaboration in which their own technics melt into each other.

Horovitz' and Peyton's monotype



You see at first Horovitz' canvases, which depict houseplants settled in the frame just as blanched photographic negatives with a solid colourful background (as you meet four other ones forwards), and then Peyton's various and different from one another drawings and paintings. It is possible to define Peyton's trait as extremely slight and precise in drawings, instead her brush stroke is much more defined; on the whole her style can be stated as ingrained by a massive use of colours. Elisabeth Peyton successfully paints also two portraits of a young and truly severe Freud, the founding father of psychoanalysis, who had attributed significant meanings, such as love, lust, longing, to the flora.
Carrying on, the observer comes through two Horovitz' installations: two “liberated” bonsais, which had been transplanted, one into a reedition of a Victorian circular wooden bathtub and the other one into a cilindrical vessel made of recycled lumber; indeed erudite quotations do not miss to this current show, as we may notice from two Freud's portraits, but above all from the heading itself, which is “Secret Life”, related to “The Secret Life of Plants” (1979) by Christopher Bird and the anonymous “My Secret Life” (c. 1888). Then, there is a sequence of photographs and oil paintings on the same wall to follow, all representing plants in vases, which makes the paintress' skills seem scancy, in spite of the great abilities, which are actually recognisable, in the previous artworks exhibited. You would have expected to find the high level met before, while the delusion suddenly affects you until the surprising ending of the exhibition: the same monotype, reproduced twice, is the witness of a winning team, whose members are a woman and a man. A Horovitz' usual silhouette appears to surrender its background to a Peyton's naive one, and the result lifts Peyton's talent out of an undesirable situation.

A view of Sadie Coles' art gallery


The way an argument can be so contemporary still in 2012, despite of time's flow, is truly appealing, similarly artists of the present can fit so well to a certain discourse, of course wheter it is the one on human condition, in which houseplants might be the interface between “the world of our sensations and the world outside, as Sigmund Freud guessed. A Latin motto recites: “Fugit tempus et venit eternitas”, namely “Time runs away and eternity comes.”






Sadie Coles' art gallery

07 June – 25 August 2012

4 Burlington Place
London W1S 2HSO

Open Tue-Frid 11-6 
Sat 12-6





An exhibition by Jonathan Horovitz and Elisabeth Peyton


lunedì 2 aprile 2012

Bernardo Bellotto - il Canaletto delle corti europee

La fotografia: l'arte di catturare un'immagine incamerandone la luce percepibile; opportunità incredibilmente eccezionale, di cui nella nostra era consumistica si tende ad abusare. La macchina fotografica è oggi infatti un apparecchio a disposizione di tutti, divenuto quindi un dispositivo senza il quale sarebbe difficile riuscire ad immaginare la propria vita.
Ai giorni nostri, tanto più che in precedenza, (campagne pubblicitarie, eventi e catastrofi di diffusione su scala mondiale, a parte) la macchina fotografica costituisce uno strumento atto a contribuire invasivamente alla conservazione dei ricordi personali, tasselli di un puzzle d'immagini. Dunque, esulando dalla sfera affettiva, per quanto essa rimanga importante, i risultati ottenuti sono molto spesso goffi tentativi dovuti in parte allo scadente apparecchio impiegato, ma soprattutto ad un uso improprio del medesimo. È ovvio che il più delle volte non si tratti di fotografia professionale; tuttavia ciò non vieta un approccio sistematico e scrupoloso, anche se saltuario, a tale disciplina.
Quando si ha tra le mani una macchina fotografica, qualsiasi essa sia, sovente non si pensa alla sua storia, al suo funzionamento ed agli innumerevoli tentativi attuati per arrivare alla fabbricazione; quest'oggetto ha invece una storia d'interesse non trascurabile, anche solo provando a considerare i passaggi intercorsi tra manuale e digitale.

I pittori vedutisti veneziani nel XVIII secolo, utilizzando metodicamente strumenti di precisione, quali compasso, pantografo e camera ottica (dispositivo presente anche nelle più moderne macchine fotografiche), fondevano assieme con massima maestria, in accordo con la cultura illuministica europea ad essi contemporanea, arte e scienza, così da realizzare dipinti tali da poter essere paragonati a fotografie. La trasposizione della scena su tela era quindi il più possibilmente pregna di particolari ed accuratezza. A ciò si deve appunto l'affidabilità degli schizzi del vedutista Bernardo Bellotto, i quali, offrendo un'ottima collografia architettonica, hanno permesso di ricostruire la città di Varsavia distrutta dai bombardamenti del 1939 ad opera della Luftwaffe, così da poter trasmettere alle generazioni future la forma esatta dei monumenti e l'architettura polacca del Secolo dei Lumi.

Bernardo Bellotto, Veduta di via Krakowskie Przedmieście dalla colonna di Sigismondo III, 1767/68
acquaforte

Il vedutismo, che vide come maggiori esponenti Luca Carlevarijs, Francesco Guardi, Antonio Canal detto Canaletto, Michele Marieschi e Bernardo Bellotto, si sviluppò principalmente a Venezia per la bellezza dei luoghi ed il fasto dei committenti, i quali erano nobili desiderosi di tramandare le idee e la cultura ai posteri o persone che, non potendo permettersi di viaggiare, decidevano di immaginare luoghi tanto famosi attraverso le tele di abili pittori. Tra i committenti potevano esserci inoltre giovani di condizione agiata, che, partiti per il Grand Tour d'Europa, giungevano sulla penisola per ammirare le meraviglie del patrimonio artistico ed, oltre a richiedere d'essere immortalati in ritratti, commissionavano vedute dei luoghi visitati.

L'esposizione correntemente ospitata a Palazzo Sarcinelli a Conegliano, cittadina della Marca Trevigiana, offre inizialmente acquaforti e tele dei maggiori vedutisti veneziani sopra citati, che in panoramica introducono sapientemente il visitatore nell'ambiente artistico d'allora, fino a concentrarsi sul protagonista indiscusso della mostra: Bernardo Bellotto. Sono quindi visibili le 14 acquaforti di Dresda, particolarmente importanti per la propria unicità e per il fatto che a seguito dei bombardamenti tutte le lastre originarie, tranne una, ne siano andate distrutte, e quadri del medesimo artista di Venezia, Dresda, Vienna, Pirna e Varsavia.
Bernardo Bellotto trascorse la maggior parte della propria esistenza e morì all'estero, dove venne chiamato dai regnanti a lui contemporanei, mecenati dell'epoca, e ricevette commissioni anche da nobili proprietari di sontuose residenze estive nei sobborghi. Ebbe così modo di dedicarsi a ritratti, vedute cittadine e rurali, e di sviluppare un particolare interesse nei confronti dei floridi giardini nobiliari.

Bernardo Bellotto, Pirna dalla riva destra dell'Elba
olio su tela
Dresda,Gemäldegalerie - Staatliche Kunstsammlungen Dresden

Bernardo Bellotto, Prospetto orientale del Palazzo Liechtenstein a Vienna, 1759/60
olio su tela
Vienna, Liechtenstein Museum, Sammlungen des Fürsten von und zu Liechtenstein


Significativo per il Bellotto è l'essersi trovato in un ambiente familiare, nel quale l'arte offriva una fonte sicura di sostentamento, lustro ed arricchimento intellettuale: lo zio era infatti il Canaletto e sia il padre sia il fratello operavano in tale mondo. Egli intraprese il proprio apprendistato pittorico a soli 14 anni nella bottega dello zio, e successivamente incominciò la propria carriera indipendente, iniziandosi a firmare nel 1743 “Bernardo Bellotto detto Canaletto”; da allora in poi ebbero luogo le disquisizioni sulla paternità dei dipinti realizzati. Il Canaletto stesso ne rimase vittima, in quanto tra il 1746 ed il 1755, durante il soggiorno londinese, venne accusato di essere un impostore. Si prestavano inoltre a causa del nome ad erronei fraintendimenti il padre del Canaletto Bernardo Canal (1674-1744), scenografo e vedutista, ed il fratello di Bernardo Bellotto Pietro Bellotti (1724-1800), pittore che si firmava in Francia “Canalety”. Contribuì poi a rendere ulteriormente difficile l'attribuzione dei quadri il fatto che nel periodo veneziano il Bellotto non si firmasse, ma proprio la relazione dei dipinti di questi artisti rende oggi possibile, se non strettamente necessario, riuscire ad evidenziarne i caratteri peculiari. Dunque, sebbene, come afferma nel 1753 lo storico dell'arte Pietro Guarenti, il Bellotto imitasse abilmente lo zio e solo l'occhio di attenti esperti fosse in grado di distinguere le opere dell'uno da quelle dell'altro, solo recentemente si è pervenuti ad una soluzione grazie a degli studi specialistici; già nel 1966 Terisio Pignatti, celebre critico d'arte, evidenziava con merito gli elementi distintivi: nelle vedute del Bellotto, paragonate a quelle del Canaletto, i dettagli erano espressi con forza incisiva e meticolosa perfezione e l'illuminazione risultava essere sforzata, bluastra e quasi artificiale.

Canaletto, L'ingresso al Canal Grande con la Basilica della Salute
olio su tela
Milano, Collezione Alighiero de' Micheli, FAI – Fondo per l'Ambiente Italiano

Bernardo Bellotto, L’ingresso al Canal Grande con la Basilica della Salute e la Dogana, 1738 ca.
olio su tela
Milano, Galleria Cocoon Art


L'esposizione risulta al visitatore ben organizzata, tanto da assecondarne il percorso, come del resto quella di due anni fa, “Cima da Conegliano, poeta del paesaggio”, organizzata anch'essa da Artematica ed ospitata da Palazzo Sarcinelli.


Palazzo Sarcinelli, edificio rinascimentale del 1518 un tempo della famiglia cenedese omonima ed ora del Comune, grazie ai suoi sontuosi ambienti ed ai recenti restauri, funzionali e rispettosi della struttura originaria, offre alla mostra una stimolante atmosfera. Il Palazzo, sede fino al 2000 della biblioteca, è utilizzato per mostre d'arte a partire dall'88; esso si affaccia su via XX Settembre, tradizionalmente denominata Contrada Granda, la quale costituiva il fulcro della vita sociale, politica ed economica cittadina ed è oggi la via del centro di più grande rilevanza storico-artistica, in quanto lungo essa vi sono palazzi in prevalenza affrescati, edificati tra Cinquecento ed Ottocento, compresi il Duomo e la sede comunale.
È possibile acquistare i biglietti a data aperta (http://srvticket.artacom.it/biglietteria/listaEventiPub.do?idOwner=28279&tipoPagina=0&codice=bellottoopen) o con prenotazione, così da evitare la coda (http://srvticket.artacom.it/biglietteria/listaEventiPub.do?idOwner=28279&tipoPagina=1&codice=bellottogiornate), e tramite il Numero Verde gratuito (dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 al numero 800 775083).

Le raffigurazioni del Bellotto per Dresda e quelle del Canaletto per Venezia permasero a lungo incontrastate come immagini mitiche a divulgazione internazionale, poiché, come è facile pensare, questi due abili interpreti si distinguevano tra gli altri pittori per il talento e godevano di una considerevole visibilità legata ai propri committenti, ma soprattutto perché al tempo in cui operavano non esisteva la fotografia, disciplina che incominciò a concretizzarsi agli inizi dell'Ottocento; è quindi loro la maestria nel saper conciliare perfettamente la descrittiva limpidezza ottica e la totale adesione sentimentale, dove la comune presenza d'acqua crea un suggestivo parallelo tra le rive dell'Elba e quelle del Canal Grande.



Palazzo Sarcinelli
Bernardo Bellotto-Il Canaletto delle corti europee, a cura di Dario Succi
Conegliano, dall'11 Novembre al 15 Aprile
Orari: lun, mar, mer, giov 9.00-19.00; ven, sab 9.00-21.00; dom 9.00-20.00.
Apertura speciale: lun 9 Aprile 9.00-21.00